Libertà è inclusione
Un binomio che cerca, grazie alla volontà congruente delle due Committenze, di essere più di ognuna delle sue parti. Parte da qui l’intera progettazione del polo educativo che Enrico Molteni Architects ha progettato a Parma. Sviluppandosi in questa direzione fino dall’integrazione fra le esigenze di due Committenze differenti, una pubblica e una privata.
Da una parte c’è la Fondazione Accademia dei Giorni Straordinari che si occupa dell’inclusione sociale di adolescenti in condizioni di fragilità, dall’altra l’Università di Parma che ha chiesto un asilo nido e una scuola materna per i figli di dipendenti e studenti dell’ateneo (bimbi fino ai sei anni di età).
I progettisti hanno integrato le due esigenze sviluppando un progetto che, nei volumi, si sviluppa con una perfetta simmetria tra le due componenti, ma che all’interno, risponde alle differenti esigenze funzionali attraverso un sapiente e certosino gioco di incastri, basato su un preciso modulo di base che gemmandosi da luogo a tutti gli spazi interni (72 stanze principali e altri vani di servizio, con davvero pochissime eccezioni, essenzialmente quelle necessarie per gli spazi di servizio definiti dalla normativa).
Le due parti si relazionano attraverso un cortile centrale, anch’esso a pianta quadrata e lastricato in porfido, che visivamente non presenta cesure tra le parti, cesure che tuttavia sono presenti (per ovvie ragioni) attraverso le pareti verticali che in questo caso sono realizzati in tamponamenti opachi a finitura intonacata.
L’intera struttura, che si sviluppa su una superficie complessiva di 2.450 metri quadri, ha una struttura in legno lamellare e si sviluppa seguendo la terra, su un unico piano, in cui le chiusure sono pressoché totalmente trasparenti.
Le ampie facciate in vetro creano una transizione fluida tra interno ed esterno, mettendo contemporaneamente in risalto la struttura portante, costituita da una copertura che all’intradosso è tamponata da pannelli in X-Lam ed è sostenuto da leggere colonne leggermente inclinate.
Queste ultime sono realizzate in legno a strati incrociati e definiscono un portico perimetrale alto cinque metri come transizione tra il campus e l'edificio. Dal punto di vista strutturale, inoltre, l’inclinazione delle colonne funge da controventatura per evitare elementi che si incrocino.
Un’architettura e un binomio forgiati sulla speranza, ma che tuttavia non possono nascondere (e lo diciamo con un bel po’ di amaro in bocca) che c’è chi con la speranza ci nasce e chi se la deve conquistare (ammesso che ne abbia la possibilità e come in questo caso ci sia qualcuno che lo aiuta ad averla). E tutto questo solo perché è nato nel posto ‘sbagliato’ (quartiere, Nazione, Continente, non è importante). Tragico, no?