- INFO POINT
- Di Silvano Lova
- Cosa: Stazione Capodichino Metro 1 Napoli
- Dove: Napoli
- Stato: Cantiere
Quando l’infrastruttura è arte
Reti di trasportoUn cantiere imponente, un cantiere complesso, un cantiere, di quelli rari, in cui funzione, architettura e arte si incontrano. Nota per gli esterofili: non stiamo parlando di una struttura a Londra, New York o Berlino.
Lo sguardo deve posarsi molto meno lontano, a Napoli, dove Webuild sta costruendo la stazione di Capodichino sulla Linea 1 della metropolitana del capoluogo Partenopeo.
Una struttura ingegneristicamente interessante, pensata dalla Committenza come un vero e proprio museo urbano, oltreché come un ganglio fondamentale nella rete della mobilità della Campania (è una delle pochissime linee metropolitane al mondo che collegano un aeroporto, un porto e una stazione ferroviaria).
Progettata dallo studio RSH+P di Londra fondato dall’archistar Richard Rogers (anche le altre stazioni sono state assegnate a Studi di Architettura di fama internazionale), la stazione di Capodichino, la cui direzione artistica è seguita in maniera diretta da Ivan Harbour, partner fondatore dello studio, una volta terminata, si estenderà su oltre 3.000 metri quadri, gestendo un flusso di viaggiatori stimato in 60 milioni.
Numeri da record che diventano ancora più importanti se, come è capitato a noi di Promisedlands su invito di Doka e con l’ospitalità di Webuild, si visita il cantiere in corso d’opera.
Tre A per un progetto
Ci accompagna nel nostro viaggio l’ingegner Carlo Di Costanzo, Project Manager per Webuild che ci racconta lo sviluppo del grande e suggestivo cantiere: “La nuova stazione si inserisce nell’appalto, assegnato alla Capodichino ASM scrl (Webuild e Moccia Irme) dal Concessionario Metropolitana di Napoli Spa per conto del Comune di Napoli, della nuova tratta della Linea 1 Centro Direzionale-Capodichino".
"Si tratta di una appalto da 500 milioni che prevede, oltre a quella di Capodichino, la realizzazione di altre stazioni e di 3,5 chilometri di tracciato in galleria”.
“Capodichino è il capolinea della Linea 1 della Metropolitana di Napoli e, una volta realizzata, sarà una delle due metropolitane italiane con una fermata all’interno di un aeroporto (l’altra è Linate con la Linea 4, ndr)".
"Un altro aspetto estremamente interessante: anche Capodichino, come tutte le stazioni della linea 1, si basa su un concept progettuale incentrato sulla logica e la filosofia della ‘Metropolitana delle 3A’. La struttura è stata voluta dal Comune di Napoli e concepita dal progettista, lo studio RSH+P di Londra su tre grandi paradigmi: Architettura, Archeologia e Arte.
Ovviamente la A di architettura si esplica direttamente con la progettazione visionaria
dello studio Londinese che ha disegnato il parallelepipedo della stazione con pianta a Omega, su cui si innesta l’imponente pozzo centrale circolare (altezza di 50 metri) che ospita i gruppi scale e le strutture di sostegno degli ascensori".
"Si tratta di un elemento architettonico davvero maestoso che ha richiesto non pochi sforzi dal punto di vista progettuale e realizzativo per essere realizzato".
"I pilastri di sostegno del gruppo ascensori e della copertura zenitale sono 10; l’intera struttura è stata ispirata ai progettisti dalle geometrie del Pozzo di San Patrizio a Orvieto è una struttura costruita da Antonio da Sangallo il Giovane a Orvieto tra il 1527 e il 1537 per volere del papa Clemente VII, e prevede quattro rampe di scale elicoidali sul perimetro esterno (con funzione di vie di esodo di sicurezza) di un pozzo centrale di 38 metri di diametro.
Il pozzo è sovrastato da una copertura ad hangar in struttura mista (acciaio, vetro, calcestruzzo) delle dimensioni in pianta di 50×48 metri”.
Prosegue Di Costanzo: “la seconda A è quella dedicata all’Archeologia: nel contesto della metropolitana di Napoli e, in particolare nello scavo dei pozzi della varie stazioni sul percorso sono stati effettuati importanti rinvenimenti archeologici".
"I più famosi (non a Capodichino) sono quelli relativi ai resti del tempio dei Giochi Isolimpici a Piazza Duomo e quelli delle navi greco-romane rinvenute sotto Piazza Municipio, senza dimenticare le vecchie mura aragonesi e diversi obelischi bizantini".
"La scelta è stata quella di integrare quasi simbionticamente questi ritrovamenti con la rete delle nuove stazioni; una scelta che è culminata nella stazione Museo dove, appunto, c’è un vero e proprio museo permanente dei ritrovamenti effettuati, che partono addirittura da reperti risalenti al Neolitico”.
“L’ultima A si riferisce all’arte: in tutte le stazioni della Linea 1 (e Capodichino non farà eccezione) ci sono delle installazioni permanenti realizzate da artisti italiani e internazionali che, come ha sottolineato Achille Bonito Oliva, curatore del museo della metropolitana, immergono quasi “obbligatoriamente” i viaggiatori nell’arte”.
Il cantiere: un meccanismo ben oliato
“Quando si parla di un cantiere così importante (e attivo da tanto tempo) come la Linea 1 non si può fare a meno di sottolineare come le maestranze impegnate sentano davvero come proprio il progetto. Io, ad esempio, lavoro su questa Linea dal 2007 (con un piccolo intermezzo in Iran e a Singapore)".
"Lo zoccolo duro del nostro gruppo di lavoro non è mai cambiato e di conseguenza non è cambiato il nostro approccio al lavoro stesso: cerchiamo sempre di comprendere approfonditamente il progetto che ci trasmettono i professionisti e di applicare, in accordo ovviamente con committenza e progettisti, una serie di migliorie che massimizzino la produttività del cantiere e, simultaneamente, garantiscano la massima sicurezza operativa alle nostre maestranze”.
“Un esempio di questo approccio è senza dubbio la rivalutazione del metodo di scavo della stazione: il progetto originario si basava su un cilindro e con le gallerie della linea che partivano dal fondo pozzo; per ottimizzare la gestione del cantiere abbiamo deciso, in accordo con tutte le parti coinvolte nel progetto, di trasformare il cilindro in un grande parallelepipedo con base a Omega (in sostanza un parallelepipedo rettangolare che ingloba baricentricamente il cilindro del pozzo); in questo modo abbiamo potuto scavare l’intero volume senza dover realizzare onerose (sia dal punto di vista temporale sia finanziario) puntellazioni intermedie, realizzando con filosofia top down tutti i solai, utilizzando i pozzi tecnici come capisaldi di spostamento verso il basso del cantiere”.
“Il grande vantaggio di una pianta ad Omega risulta evidente quando si considera che le due zone laterali, una volta arrivati alla quota di base del grande pozzo diventavano le naturali zone di attacco delle gallerie della stazione che, con lo scavo del solo cilindro originale, avrebbero implicato notevoli complicazioni in fatto di consolidamenti e di avvio di attività di scavo delle gallerie di stazione (sarebbero stati necessari complessi allarghi in caverna)”.
"In realtà lo sviluppo del cantiere nel tempo e la realizzazione dai pozzi TBM per lo scavo delle gallerie di linea tra Capodichino e Poggioreale, ha consentito di realizzare le gallerie di stazione (lunghe 110 metri e con diametro di 8 metri) a partire proprio dai
pozzi TBM e non più dal pozzo di stazione: questo ci ha consentito di accumulare un anticipo di circa un anno e mezzo sul cronoprogramma originario.
Questo fa capire come la pianificazione operativa possa subire delle variazioni in itinere, per delle opportunità che si presentano, ovvero delle criticità che richiedono un adattamento delle fasi esecutive, puntando sempre ad ottimizzare le fasi esecutive”.
“Un altro aspetto di cui andiamo molto fieri: la realizzazione di questa stazione ha consentito, in stretta sinergia e collaborazione con la Regione Campania, di riutilizzare circa 250.000 metri cubi di terreno (come sottoprodotto) per la chiusura e rinaturazione di cave dismesse nella provincia di Napoli".
"Per noi di Webuild questo aspetto, che si colloca nella filosofia di cantiere green che ci contraddistingue, è estremamente importante: per capire la portata dell’intervento il volume riutilizzato per chiudere le cave dismesse è pari a quello che occupa la piramide di Micerino in Egitto.
Per noi, oltre ovviamente ai requisiti tecnici di portanza (che non erano banali per un’opera di queste dimensioni) e di sicurezza (alla base di ogni intervento di Webuild) era altrettanto importante poter garantire la massima qualità di finitura superficiale dei grandi pilastri centrali di sostegno. Lo stesso Ivan Harbour, in uno dei numerosi sopralluoghi che dedica al cantiere di Napoli, si è complimentato per la qualità delle superfici di calcestruzzo gettato in opera”.
Tra statica, getto e estetica
“Doka è stata coinvolta tramite un affidamento in subappalto, in qualità di fornitore della ATI Edil3C Cioce (che materialmente ha eseguito i lavori) per la realizzazione dei grandi pilastri di sostegno del gruppo ascensori e del solaio a sbalzo della stazione di Capodichino".
"Tuttavia, dal punto di vista cantieristico e tecnico i rapporti sono stati seguiti dal nostro staff di cantiere (anche per aspetti legati alla velocità di risposta)".
Senza dubbio lo studio delle soluzioni di casseratura e di sostegno al getto sviluppate in sinergia con l’ufficio tecnico di Doka a Colturano, è stata una delle maggiori sfide che Webuild si è trovata ad affrontare nel cantiere di Capodichino.
Continua Di Costanzo: "Non si tratta solo di soluzioni statiche e strutturali, ma anche di esigenze di carattere estetico: lo studio RSH+P predilige infatti un’estetica ‘industriale’ dell’architettura, con impianti a vista, con evidenziazioni grafiche e cromatiche degli andamenti statici della copertura e soprattutto con un’architettura degli elementi strutturali in calcestruzzo essenzialmente facciavista. I 10 pilastroni, in quest’ottica diventano protagonisti e, quindi devono essere caratterizzati dalla massima qualità di finitura superficiale, difficili da ottenere soprattutto per la particolare geometria delle travi”.
Le soluzioni di casseratura di Doka (le cassaforme a travi Top 50 per i pilastri, i tavoli Dokaflex per i solai interpiano del pozzo e le torri Staxo 100 coadiuvate dai sistemi di casseratura Top 50 e Eurex 60) e le competenze dell'ufficio tecnico di milano hanno contribuito attivamente alla risoluzione di diverse criticità strutturali e alle richieste estetiche della progettazione.
"Inoltre la gestione della logistica delle consegne degli ingenti quantitativi di strutture provvisionali necessarie alla realizzazione dell'opera ha consentito di superare senza ripercussioni sulla produttività di Webuild, i periodi di criticità del periodo Covid-19 che hanno messo in difficoltà tantissimi altri fornitori".
Non si tratta di un fattore scontato visti gli ingentissimi quantitativi di materiale provvisionale (nella fase di massima richiesta abbiamo avuto in cantiere fino a 3 milioni di euro di attrezzature in nolo) che il cantiere di Capodichino ha richiesto (tra l’altro con variazioni quantitative importanti nel tempo).
“Con il personale di Doka c’è stato fin da subito una collaborazione fattiva: con Stefano Borsa sul campo e Armando Bernetti (il nostro referente nell’ufficio tecnico di Roma) c’è stato uno scambio costante, continuo e a 360° su ogni aspetto tecnico e operativo. [Federica Vescovi] della gestione ordini, inoltre, ha collaborato in modo preciso, puntuale e attento. Questo per noi è stato importantissimo, perché il cantiere ha subito molte variazioni in corso d’opera che avrebbero potuto creare serie problematiche che, invece, sono state tempestivamente superate proprio grazie a un importante (e non scontato) sforzo comune”.
Continua Di Costanzo: "Da questo cantiere, così complesso e complicato, personalmente ricorderò positivamente la disponibilità enorme dei nostri interlocutori nel cercare di risolvere i problemi e non crearli; una dinamica preziosa che dovrebbe essere sempre alla base dei rapporti tra i diversi soggetti coinvolti in cantieri a questi livelli".
“L’altro aspetto fondamentale per Webuild: quello della sicurezza. I pilastri si sviluppavano su 8 livelli e dovevamo garantire in ogni istante delle lavorazioni la massima sicurezza possibile alle nostre squadre di lavoro; la fornitura di Doka ci ha consentito di lavorare sempre su un piano di lavoro perfetto in ogni sua parte, qualsiasi lavorazione fosse in corso, il tutto senza influenzare la produttività di cantiere, anzi garantendo sempre una notevole libertà di movimento ai nostri operatori”.
Per il cantiere di Capodichino, le strutture provvisionali fornite da Doka sono state progettate e customizzate sulle esigenze sia del progetto sia della cantierizzazione: operativamente, per il getto dei pilastri, Webuild impiegava cinque casseri, gettando quindi un segmento di 5 pilastri (sezione 60x200 cm) per ogni fase di getto (con armature prefabbricate calate nel pozzo da una gru a torre appositamente allestita al piano campagna).
Arrivati alla prima travatura (sezione 60x100 cm o solo sulla direttrice principale o lungo tutto l’anello di collegamento dei pilastri) si è cominciato a a costruire il castello di puntellatura (utilizzando sistemi di puntellazione Doka Staxo 100 per gli otto piani intermedi con puntelli di sostegno Eurex 60 alla base) per poi continuare con fasi alternate di pilastri e travi (aumentando di volta in volta le torri di sostegno).
Il sistema di casseratura Top 50 (grande superficie, faccia a vista e geometria variabile) ha semplificato di molto il lavoro in cantiere, dato che è arrivato sul posto già tagliato e assemblato dalla falegnameria Doka di Milano.
Conclude Di Costanzo]: “Sempre dall’aspetto della sicurezza, che non mi stancherò di ripeterlo è un driver fondamentale per Webuild, abbiamo apprezzato la collaborazione di Doka nell’allestimento di un campo prove, in cui i tecnici della società austriaca hanno spiegato alle nostre maestranze le dinamiche di funzionamento, di montaggio e smontaggio di ognuno dei prodotti e dei sistemi che sarebbero stati poi installati in cantiere”.