Il futuro ha solide radici
Ieri è stato ufficialmente inaugurato il Diriyah Art Futures a Addiriyah, qualche chilometro a nord di Riad; si tratta di un progetto che si inserisce nella strategia di sviluppo del regno Saudita rivolta a investire nello sviluppo tecnologico del Paese, proiettando all’esterno un’immagine rivolta al futuro e, particolarmente, in questo caso, al sostegno delle arti in generale (all’interno del piano Vision 2030).
La firma del nuovo centro è quella dello studio romano Schiattarella Associati che ha impostato la progettualità sul binomio fra radici storiche, naturali e culturali (in questa zona sorge il sito di At-Turaif, patrimonio UNESCO) e architettura contemporanea, destinata a ospitare l’arte digitale.
La natura in questi luoghi da sempre ha influenzato le scelte tipologiche e formali dell’architettura, e anche l’edificio museale progettato da Schiattarella Associati non sfugge a questo paradigma (anzi lo accoglie, forte dell’attenzione dello Studio romano al rapporto fra architettura e contesto).
L’oggetto architettonico si articola così in una serie di volumi essenziali che dialogano dinamicamente fra loro e, contemporaneamente, fungono da cerniera fra lo spazio urbano cittadino (composto da edifici acquattati al suolo che formano strade strette a preservare ombra e frescura) e quello del territorio naturale circostante, prettamente agricolo, in cui gli spazi sono scanditi da orti e punteggiati dai pozzi.
Anche la nuova architettura riprende questi stilemi, organizzando gli spazi per creare luoghi ombrosi di ristoro, incanalando le correnti d’aria (lungo la direttrice città-deserto) che, sfruttando la maggiore umidità del wadi, generano un microclima naturale che difende i percorsi pedonali dall’aggressione del sole e del caldo.
Rispetto e continuità per la tradizione (con una attenta declinazione contemporanea) anche per i materiali utilizzati, che vanno dagli intonaci di fango alla pietra di Riad; il tutto con l’ottica progettuale (ma potremmo dire anche etica) di ridurre al minimo gli sprechi e le inefficienze (il raffreddamento è, ad esempio, gestito attraverso gradienti geotermici), come, da sempre è abituato a fare chi vive in stretta relazione (anche in simbiosi) con il deserto.
Unica eccezione: la zona ipogea, dove i materiali locali lasciano spazio a soluzioni hi-tech e materiali come l’acciaio, il vetro e il cemento, per rispondere alle esigenze altamente performanti degli laboratori e degli atelier d’arte.
Il nuovo Diriyah Art Futures accoglie, infatti, un’ampia serie di funzioni (nell’ottica contemporanea dell’architettura mussale) connesse con le arti digitali: dai tradizionali spazi espositivi, fino ai laboratori per la ricerca. L’intero complesso si sviluppa su una superficie di oltre 12.000 m2 complessivi, in cui trovano posto un grande auditorium, una struttura di formazione sui new media e, addirittura, una serie di residenze a disposizione degli artisti, allo scopo di aumentare la contaminazione intellettuale e la disseminazione artistica.