- INFO POINT
- Di Matteo Ferrario
- Dove: Montefoscoli di Palaia
- Stato: Cantiere
Progettare un luogo di rinascita
Edilizia ResidenzialeCi sono storie di progetti e di cantieri che ne contengono altre più profonde. A Montefoscoli di Palaia (Pi), abbiamo avuto la possibilità di assistere ai lavori di recupero architettonico ed efficientamento energetico che, con la CEI nel ruolo di principale finanziatore, stanno interessando un edificio settecentesco di proprietà della Fondazione Casa Ilaria, destinato a diventare una struttura ricettiva gestita da persone con vari tipi di difficoltà e disabilità.
Il ristorante al piano terra impiegherà infatti i prodotti biologici dell’orto esistente già da quattro anni sull’area, mentre al primo piano sono previste 8 camere pensate per accogliere ospiti disabili con le rispettive famiglie, ma aperte a tutti per momenti ricreativi o di vacanza. Casa Ilaria sarà dotata anche di un servizio di ippoterapia, di un teatro e di una piscina, anch’essa priva di barriere architettoniche.
Il progetto: recupero tipologico, coordinamento e artigianalità
“Noi ci occupiamo di progettazione a tutto tondo sul territorio toscano, entro un raggio di 100 km” spiega il titolare dello studio incaricato del progetto architettonico e della direzione lavori, l’architetto Paolo Boschi.
"Cerchiamo di mettere l'artigianalità nei nostri progetti e li curiamo dall'inizio alla fine. La nostra specializzazione è l'efficientamento energetico, anche di edifici già esistenti e dal valore storico, come in questo caso: quando sono necessari sia il recupero dal punto di vista architettonico sia l'efficientamento, noi mettiamo a disposizione la nostra esperienza in entrambi i campi”.
“Chiaramente” prosegue Boschi “in un progetto come questo, il nostro ruolo è anche quello di coordinare un gruppo di professionisti ed esperti di vari ambiti, dall’acustica all’illuminotecnica alla domotica”.
Il progetto di Casa Ilaria a Montefoscoli nasce nel 2017 su un sito che si è sviluppato in varie epoche a partire dal XII secolo, e in particolare riguarda un edificio storico in gran parte distrutto dopo essere stato colpito da un fulmine.
Era crollata completamente l'altana e la parte restante presentava grossi problemi strutturali” continua Boschi. “Si è deciso quindi di demolirlo e ricostruirlo sulla base del progetto originario: un’azione consentita dall’assenza di vincoli da parte della Soprintendenza, eccetto per la chiesa su cui era già intervenuto in precedenza un altro professionista, l’arch. Andruetto, recuperandola interamente”.
L’edificio destinato a ospitare la Fondazione Casa Ilaria risale al Settecento. Spiega il progettista: “Si tratta di una leopoldina, quindi la struttura classica dell'appoderamento e della mezzadria della tradizione toscana, che si presentava divisa in più appartamenti".
"Una volta eliminate le superfetazioni, che ne avevano in parte alterato l’assetto originale in base alle esigenze produttive, abbiamo purtroppo preso atto delle condizioni irrecuperabili della struttura e della conseguente necessità di abbatterla".
"Tuttavia, abbiamo ricostruito l’edificio secondo la sua configurazione originaria, quindi recuperando tipologicamente la leopoldina, a parte qualche differenza nella distribuzione delle funzioni".
“La superficie interna” prosegue Boschi “è di circa 700 mq complessivi distribuiti su due livelli, con l’aggiunta di un mezzanino non presente in origine”.
"La divisione del piano terra è sempre in tre navate, mentre al piano primo è stata creata una nuova suddivisione funzionale per ricavare le camere, compresa anche l'altana che è stata ricostruita da zero".
Promised Lands: Che tipo di approccio avete adottato per la scelta dei materiali?
Boschi: “Abbiamo deciso di utilizzare in chiave moderna le tecnologie del passato: laterizio per le murature portanti e i solai, travi in castagno e, per la copertura, il classico tetto toscano a coppi embrici. Abbiamo previsto una coibentazione con una contro-parete esterna realizzata sempre in blocchi".
"Dal punto di vista termico, questo sarà un edificio molto performante, perché è stato coibentato dalle fondazioni fino alla copertura, sempre però mantenendo il cotto sia all'esterno che all'interno”.
L’obiettivo, chiarisce il progettista, è quello di garantire all’edificio una seconda vita utile che sia lunga quanto la prima: “Ha trecento anni di storia” spiega “e ci piace pensare che ne abbia almeno altrettanti davanti a sé”.
La reinterpretazione in chiave contemporanea non si limita alle scelte dei materiali e al recupero della tipologia originaria, ma riguarda lo stesso concetto energetico: pur completamente ricostruito in base a nuove stratigrafie, l’involucro edilizio di Casa Ilaria si comporterà in modo non dissimile dalla struttura preesistente, sfruttando le imponenti masse murarie per ottenere uno sfasamento termico molto elevato, a beneficio del comfort degli occupanti in tutte le stagioni.
“Per le finiture esterne abbiamo utilizzato una pietra locale, proveniente da una cava a 50 km di distanza da Montefoscoli”: un’altra scelta dettata dalla volontà di ricreare un oggetto architettonico solido e durevole.
E sempre in quest’ottica, che mira a conciliare antico e moderno, si inserisce anche la scelta di impiegare i prodotti Novantica di Fassa Bortolo per restauri sostenibili, con impiego di calce aerea ed eco-pozzolane, e totalmente privi di cemento: come nasce l’idea?
Boschi: “Io sono un po’ tradizionalista. Quando con l'impresa si è iniziato a parlare di come realizzare i vari intonaci, ho manifestato subito l’intenzione di utilizzare un sistema tradizionale, con impiego di calce e sabbia".
"Ci siamo confrontati sui problemi legati alla cantierizzazione e alle maestranze, e poi siamo andati a cercare il prodotto in grado di soddisfare maggiormente le nostre linee guida, sostanzialmente incentrate sull’uso di calce e sull’assenza di cemento".
"La scelta è ricaduta quindi in modo naturale sul Novantica di Fassa, perché volevamo dei muri che fossero traspiranti, durevoli e anche in armonia con la tradizione costruttiva locale, in cui l’uso di calce per gli intonaci è profondamente radicato".
Una volta preso contatto con l’agente di zona, Samuel Paulì, è stato quindi organizzato un primo sopralluogo, e poi è stata coinvolta l'area tecnica di Fassa.
Boschi: “Devo dire che siamo stati seguiti sin dall'inizio - anche nella fase di progetto relativa alle stratigrafie, che come accennato prevedevano l’impiego di un blocco in cotto sia all’esterno che all’interno - fino alla realizzazione dell'attuale fase di cantiere. Poter contare su un intonaco di tipo tradizionale, pienamente rispondente alle caratteristiche di cui eravamo in cerca, ci ha subito soddisfatto”.
Per il nuovo manufatto non sono previste certificazioni in ambito energetico e ambientale, ma, spiega l’architetto, non per mancanza di requisiti.
Boschi: “Nella fase preliminare del progetto avevamo considerato l’ipotesi della certificazione Leed di tutto l'edificio.
"Se l’abbiamo accantonata è soltanto perché questo cantiere si basa molto sul volontariato: noi stessi, come studio, abbiamo donato il lavoro di progettazione alla Fondazione Casa Ilaria, ma in generale anche agli altri professionisti e alle aziende coinvolte è stato chiesto di partecipare con questo spirito, dettato dal carattere umanitario dell’iniziativa. Non potendo garantire una continuità della filiera, ottenere delle certificazioni sarebbe stato complicato".
"Malgrado questo, posso affermare che tutti i soggetti coinvolti possedevano le caratteristiche idonee per un intervento a basso impatto, incluse le forniture, concentrate prevalentemente sul territorio.
I prodotti Novantica di Fassa Bortolo, ad esempio, sono accompagnati dal marchio di Legambiente”.
Boschi: “In questo cantiere hanno operato due ditte: l’impresa di Giuseppe Zoppoli, che si è occupata degli intonaci esterni, perché era la stessa che aveva costruito la nuova struttura portante dell'edificio; Bici Costruzioni, attualmente impegnata nelle finiture, mentre Elektron Service si sta occupando della parte impiantistica".
"Alle due imprese edili è stato assicurato supporto tecnico da Fassa Bortolo in ogni fase per l’applicazione dei prodotti Novantica, ma sia Zoppoli sia Bici avevano delle maestranze addestrate per impiegare questo tipo di sistemi”.
Vista la natura particolare e in un certo senso unica dell’iniziativa di Casa Ilaria, i lavori sono organizzati in fasi non continue, legate alla progressiva erogazione dei finanziamenti. Tuttavia, spiega Boschi, l’edificio dovrebbe essere ultimato per il 2024: “Stiamo già montando tutti gli impianti e completando la parte delle finiture, quindi siamo in dirittura d'arrivo”.
Naturalmente, nel concetto energetico dell’edificio, alle scelte riguardanti l’involucro si accompagnano quelle impiantistiche.
Boschi: “Abbiamo previsto l’impiego di una pompa di calore, fornita da Hoval con degli aerotermi per le camere, e un’unità di trattamento aria per la parte della cucina e del ristorante. Tutti gli spazi interni dell’edificio saranno dotati di ventilazione meccanica controllata. Stiamo, invece, confrontandoci con il Comune e studiando una soluzione per inserire un impianto fotovoltaico tramite delle pensiline, senza quindi posizionare i pannelli sull’edificio principale: rientrando in una zona agricola, dobbiamo rispettarne i vincoli”.
Le radici storiche di Casa Ilaria
Ha parlato con noi anche Don Maurizio Gronchi, professore ordinario di cristologia alla Pontificia Università Urbaniana di Roma: “La Fondazione Casa Ilaria è la proprietaria del podere, le cui origini risalgono addirittura al 1024: mille anni di storia in cui si sono avvicendati monaci, nobili e contadini".
"Con la presidente Laura Capantini abbiamo intenzione di offrire un servizio di eccellenza e ci stanno aiutando in questo anche i tecnici coinvolti nel progetto, che lavorano tutti a titolo gratuito. Lo stesso vale per le imprese, che hanno preso in carico interamente le opere, lavorando con grande serietà, senza ricorrere a subappaltatori e, ad esempio nel caso dell’impresa incaricata della parte impiantistica, rinunciando alle percentuali sulle forniture di materiale”.
Il progetto, spiega Gronchi, ha una modularità dettata anche dall’erogazione progressiva dei finanziamenti: “Siamo partiti con l'agricoltura, e adesso stiamo procedendo con la parte edilizia. I fondi provengono innanzitutto dall’8x1000 alla Chiesa Cattolica, ma anche da donazioni e contributi da parte delle aziende”.
Nella scelta dei partner per il cantiere, spiega infatti Don Maurizio Gronchi, i criteri sono stati principalmente due, entrambi legati alla natura umanitaria dell’iniziativa.
“Ci siamo rivolti a grandi aziende, ognuna in grado di garantire un prodotto di qualità nella rispettiva area di pertinenza, ma anche una sensibilità per il tema e una disponibilità a essere d’aiuto in varie forme".
Fondazione Casa Ilaria: il progetto umanitario che ispira quello architettonico
Laura Capantini, presidente della Fondazione Casa Ilaria, è un'amica storica di Suor Ilaria, cui è intitolato l’ente: un’infettivologa e missionaria morta nella Repubblica Centrafricana in un incidente stradale, mentre si recava all’inaugurazione dell’ospedale che aveva fatto costruire".
"La fondazione nasce in suo onore, dando continuità al suo lavoro con un nuovo progetto, questa volta sul suolo italiano".
“La nostra è un’iniziativa di solidarietà, finalizzata all'inserimento sociale e lavorativo di persone con disabilità, problematiche psichiatriche, tossicodipendenza e marginalità sociale” spiega Capantini. “In questo momento ne abbiamo in carico complessivamente 31, che sono in parte dipendenti della Cooperativa Casa Ilaria, braccio operativo della Fondazione, e in parte inviati dai servizi sociali. La nostra non è una struttura specialistica, ma pensata per unire persone con varie difficoltà, valorizzandone le risorse".
"La maggior parte di esse, in questo momento, è impiegata nell’attività di agricoltura sociale già in corso, ma in dieci stanno anche seguendo già da tre anni un percorso di formazione con un ristorante della zona con cui collaboriamo, Il Cavatappi, di proprietà del presidente della Cooperativa Simone Brogi. Si tratta di dieci ragazzi con disturbi dello spettro autistico, che in vista dell’attività di ristorazione che svolgeranno a Casa Ilaria, utilizzano un’Ape riadattata di colore blu – quello dell’autismo – per offrire un servizio itinerante di ‘special street food’”.
La presidente della Fondazione sottolinea in particolare un aspetto della collaborazione con partner come i produttori di materiali, in questo caso Fassa Bortolo: “L’obiettivo comune è quello della qualità a tutti i livelli, dai prodotti dell’agricoltura biologica su cui si reggerà l’attività di Casa Ilaria, fino ai materiali il più possibile ecocompatibili impiegati per costruirla. La nostra filosofia di fondo è improntata al rispetto e alla coltivazione della natura, che naturalmente comprende l'umanità”.
Alcune immagini sono di proprietà di ©Casa Ilaria