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- Di Matteo Ferrario
Donors internazionali, etica e know-how italiani
ProtagonistiNella nostra visita alla sede modenese di Politecnica, uno dei maggiori esempi di progettazione integrata nel nostro Paese [qui l’intervista alla presidente Francesca Federzoni], abbiamo avuto la possibilità di approfondire anche il tema dei lavori che questa società a proprietà diffusa con 52 anni di storia alle spalle svolge all’estero.
Organismi multilaterali: l’interlocutore fondamentale
"Politecnica gestisce una significativa parte della propria attività estera attraverso la partecipazione a gare finanziate dai cosiddetti 'donors' internazionali” spiega Enea Sermasi, Direttore commerciale estero. “Si tratta di tutti quegli organismi multilaterali, quali ad esempio Commissione Europea, Banca Europea di Sviluppo, Banca Mondiale o Banca Africana di Sviluppo, che prestano fondi a Paesi emergenti, aiutandoli a implementare programmi che prevedono sempre anche un'iniziale fase progettuale”.
È a questo punto che entra in gioco Politecnica col proprio bagaglio di esperienza, partecipando alle relative gare che spesso sono anche seguite da una fase di direzione lavori o di assistenza tecnica.
"Anziché scegliere uno o due Paesi in cui costruire un percorso commerciale” continua Sermasi, “abbiamo ritenuto fosse più efficace seguire le banche di sviluppo multilaterale, perché potevano garantire una serie di fattori per noi molto importanti: la certezza dei finanziamenti, una ragionevole trasparenza nella conduzione delle gare e soprattutto l'impiego di contratti standard in lingua inglese.
Così abbiamo iniziato a monitorare dall'Italia questi bandi di gara - riguardanti infrastrutture di trasporto ma anche di edilizia, in particolare ospedaliera o comunque con un alto contenuto tecnologico - e a vincerne alcuni grazie alla nostra esperienza maturata in ambito nazionale: un grande vantaggio, perché l'architettura e l'ingegneria italiana non hanno nulla da invidiare alla concorrenza straniera. Il primo bando di una certa rilevanza che abbiamo vinto è stato nel 2012 in Sierra Leone, con la Commissione Europea nel ruolo di finanziatore”.
Un partner di consulenza
Una volta insediatasi in un nuovo Paese, Politecnica cerca di ampliare i propri network professionali e di consolidare i rapporti con i clienti. “È questo che nel tempo ci ha permesso di ottenere altri contratti negli stessi mercati” continua Sermasi. “Una delle prime regioni che abbiamo affrontato, e anche una di quelle in cui siamo tuttora attivi, è sicuramente l'Africa subsahariana: Costa D'Avorio e Sierra Leone a ovest, Kenya a est".
Ponte Magbele in Sierra Leone
"Successivamente abbiamo monitorato da vicino anche le aree balcaniche e del bacino Mediterraneo, entrando in contatto con nuovi organismi di sviluppo come ad esempio la Banca mondiale, forse il donor per antonomasia. Siamo presenti ovviamente anche nella zona europea, che per vicinanza geografica e culturale rimane importante per noi: in particolare in nord Europa, stiamo lavorando a un progetto ospedaliero molto importante. Sempre per progetti in ambito sanitario siamo presenti in Romania, con fondi della già citata Banca mondiale”.
Negli ultimi anni, spiega il Direttore commerciale estero di Politecnica, a queste aree di azione si è aggiunta quella dell'America centromeridionale: “Un ulteriore mercato da sviluppare, in cui abbiamo portato prevalentemente la nostra esperienza nel campo delle infrastrutture, quindi progettazione e assistenza tecnica per la realizzazione di strade e ponti. Ci siamo così inseriti in alcuni dei paesi anglofoni di quest'area, quali Belize, Giamaica e Guyana, riuscendo a farci apprezzare dai clienti per le nostre conoscenze e la nostra flessibilità".
"La parte qualitativa delle nostre proposte è sempre stata fuori discussione, ed è grazie a questa che abbiamo instaurato una continuità di rapporti che ci ha portato nuovi incarichi. Questo è successo ad esempio in Belize, dove abbiamo avuto anche dei riconoscimenti e dei premi per la progettazione e la direzione lavori di opere infrastrutturali".
Attualmente siamo molto presenti in Guyana, con progetti finanziati da donors ma anche direttamente gestiti dal governo, sia nel campo infrastrutturale che in quello edilizio.
Coastal Highway in Belize
L’attività all’estero per gli organismi multilaterali, racconta Sermasi, ha permesso a Politecnica di accumulare un bagaglio di esperienze prezioso anche per interagire con clienti privati stranieri quando sono alla ricerca di servizi professionali in Italia: “Il nuovo approccio che abbiamo appreso con i donors ci ha permesso ovviamente non solo di integrare il nostro fatturato aziendale con nuove consistenti entrate dall'estero, ma anche di sviluppare nel tempo nuove competenze. Mi riferisco in particolare a quelle di project management, perché tutti questi progetti presuppongono che il consulente offra anche un know-how in termini di gestione: fatto non scontato, considerando che in Italia il project management non era maturo come lo era nei Paesi in cui operavano i donors, ovvero quelli di stampo anglosassone”.
Questo nostro approccio fa di noi un interlocutore che già conosce le esigenze e la modalità di lavoro delle grandi corporation internazionali in cerca di un partner consulente, e ci ha permesso - per esempio - di sviluppare importanti progetti di edilizia industriale.
Le differenze tra i contesti
A Sermasi chiediamo anche quali siano le differenze principali tra le regioni citate, sia a livello culturale e di approccio al progetto, sia nei rapporti con gli stakeholder.
“Come premessa generale, si può affermare che tutti i progetti finanziati da banche di sviluppo multilaterale abbiano in comune una procedura di implementazione molto standard e regolamentata, in termini di processi, fasi e contrattualistica. Anche di lingua, perché come dicevo queste nascono da un background anglosassone, che rappresenta sempre una base molto solida, soprattutto quando dobbiamo relazionarci con una cultura diversa”.
“L'est europeo, invece” prosegue Sermasi “è ovviamente figlio di una cultura balcanica e, soprattutto nelle aree che un tempo erano sotto l’influenza sovietica, è ancora caratterizzato da una regolamentazione prescrittiva molto forte, con pochissima libertà lasciata ai consulenti. Nei paesi scandinavi, all’opposto, c'è una grande libertà e flessibilità, che mira soprattutto al risultato. Noi dobbiamo essere in grado di interpretare le normative, ma anche di essere innovativi: ad esempio stiamo esportando il più possibile il BIM e tanti protocolli di sostenibilità, che vengono molto apprezzati dalle banche di sviluppo, proprio perché è loro compito spingere i paesi finanziati ad adottarli il prima possibile”.
In particolare, Sermasi cita il caso delle regioni americane, in cui queste innovazioni sono state accolte con grande entusiasmo e sono attualmente in fase di implementazione: “Si tratta di aree molto influenzate dagli Stati Uniti, dunque più predisposte per capire e accettare questo tipo di approccio: per questo rappresentano un terreno fertile per la nostra proposta qualitativa”.
Diverso è il contesto dell'Africa subsahariana, in cui risulta invece decisivo un altro fattore: “Una volta che il cliente ci ha conosciuto per un progetto ed è rimasto soddisfatto, nasce un rapporto fiduciario che ci permette di essere più efficaci con le nostre proposte.
Per Paesi come questi, spesso fragili e con dei contesti normativi molto poveri, è importante avere un consulente o un partner che compensi certe mancanze: noi abbiamo goduto spesso di un'ampia fiducia in tali ambiti, e in alcuni casi abbiamo potuto proporre anche normative europee, che ci hanno permesso di veicolare un prodotto di qualità”.
Enea Sermasi conclude con uno sguardo al futuro più immediato delle attività oltre confine di Politecnica: “Ultimamente abbiamo acquisito alcuni importanti contratti in Sudamerica” racconta. “In particolare, è partito di recente quello per il nuovo ponte sul fiume che attraversa la capitale della Guyana, un progetto infrastrutturale di grande importanza strategica e di alto valore iconico, per un importo complessivo intorno ai 260 milioni di dollari. Noi abbiamo avuto l'incarico per la supervisione dei lavori da parte del governo, e successivamente siamo stati incaricati anche della supervisione di un secondo ponte strategico, in un’area più interna del paese. Infine, sempre in Guyana stiamo lavorando al futuro corridoio stradale che collegherà la parte settentrionale del paese al Brasile”.